Ieri sera colpaccio di ascolti per Canale 5 (spettatori 8.861.000 share 36,11%) che, grazie alla produzione Medusa Film, per una volta ‘soffia’ l’anteprima della messa in onda di una pellicola importante a Sky: “Signore e Signori va ora in onda: LA GRANDE BELLEZZA!”
In realtà c’è chi ha già avuto modo di vedere il film on demand su Mediaset Premium (non senza strascico di polemiche…), proiezione che a gennaio è anche approdata su Infinity (la nuova piattaforma in streaming del Biscione in digitale), ma parliamo di briciole.
Dopo le 23 è guerra aperta e i giudizi più ricorrenti che si leggono sono “la grande bruttezza” e “la grande schifezza“.
Ora, che in Italia siamo critici cinematografici del tutto improvvisati lo si sa: l’industria del botteghino risente della crisi come e più di altre espressioni artistiche: si va poco ‘in sala’ e si vanno a vedere soprattutto le ‘opere di largo consumo‘, dai cinepanettoni ai grandi successi di massa importati dagli States.
La vittoria dell’Oscar ci ha trasformato TUTTI in grandi intenditori e ci facciamo sempre (ri)conoscere in questo: nel parlare senza cognizione di causa, senza conoscenza e soprattutto senza MAI utilizzare un ‘occhio laico’ per esprimere il nostro punto di vista.
L’Opera (d’arte) di Sorrentino è colta, visionaria, sicuramente “d’ispirazione felliniana”.
Nel suo incedere schizofrenico ci ritrovo l’ipocondria letteraria di Manlio Sgalambro, ma (mi) ricorda anche a tratti il genio surreale di Woody Allen: nel suo ‘raccontare a puntate la vita’ tratteggia e delinea personaggi macchietta gustosissimi (e reali) dall’eterno represso Romano (de Roma… Carlo Verdone) alla direttrice nana del giornale Dadina (Giovanna Vignola), all’incompiuta donna in carriera Stefania (Galatea Ranzi), fino a Toni Servillo alias Jep Gambardella, lo straordinario interprete protagonista.
La meravigliosa scenografia naturale aiuta: Roma c’è sempre sullo sfondo, in sottofondo, è la cornice d’oro che impreziosisce ogni scena e questo è un elemento che contribuisce innegabilmente ad arricchire e completare il puzzle artistico.
Ma ‘la scusa morale’ non regge: è come se guardando il Colosseo, invece di rimanerne ammirato e scattare fotografie, uno dicesse “Che atrocità, lì dentro sono morte migliaia di persone…“. Ma conoscete qualcuno che abbia mai detto una cosa simile?!
E non ci sta neppure ‘la scusa del decadentismo’: che questo film trasmetta un’immagine di un’Italia decadente, possiamo pensarlo soltanto noi italiani. Intanto questo ‘modus vivendi salottiero’ appartiene agli anni ’70 ed è sopravvissuto soltanto (parzialmente) a Roma e (ahimè) lo viviamo tutti i giorni nei talk show pomeridiani di RAI e MEDIASET. Ma è fiction.
Ovviamente, trattasi di metafora, per raccontarci il dissidio interiore di uno scrittore, che ha valenza per chiunque di noi abbia quel maledetto irrealizzato ed impolverato sogno nel cassetto e non abbia avuto il coraggio e la forza di tirarlo fuori! E ci (di)mostra che comunque, nonostante tutto, nonostante si sia ristagnati nella bambagia per 65 anni… si può sopravvivere a se stessi, con gioia, seppur malinconica, con un sorriso amaro e beffardo, ma giungendo almeno alla consapevolezza di affermare che “non voglio più fare quello che non mi va di fare” e che, in fondo, la vita, sia tutto un trucco.
Troppo complesso?
Forse sì, ma allora, se ne siamo consapevoli, lasciamo perdere i commenti e ammettiamo:
“Percepisco la bellezza… ma è troppo abbagliante per me… Non sono riuscito a vederla!“
Ma non è possibile. Perché siamo in Italia. E allora giù con i dissensi popolari.
L’Oscar non l’ha vinto l’Italia.
L’Oscar non l’ha vinto “La grande bellezza”.
Quando hanno annunciato il vincitore del “Miglior film straniero”, infatti, hanno detto: “THE GREAT BEAUTY“
Igor Nogarotto
igor@samigo.it